Bibliografia Vichiana I

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DUNI • FINETTI

denza universale, ispirato al De uno, dedicato al Tanucci e posto a stampa in Roma nel 1760, il Duni manifesta l’entusiasmo più rumoroso per le dottrine del maestro, e segnatamente per quella relativa all’erramento ferino. Basti dire che il Nostro « gloria eterna della nostra napolitana nazione», vi è affermato «incomparabile» in quanto non solo «filosofo», ma altresì «filologo» e «giureconsulto», nonché « maestro di tutti i filosofi », anzi di « quanti mai furono ingegni più scorti e illuminati » ; che la Scienza nuova vi è qualificata « porto della sapienza », ossia quello ove il Duni aveva trovato rifugio « in mezzo ad un mare tempestoso di scritti » ; e che l’oscurezza dell’opera oscurezza che tra i difetti di questa èil meno suscettibile di apologie, come quello che si ricongiunge con un reale aspetto negativo della mente dell’autore vi è presentata quale « superstiziosa brevità », cioè « forza d’un linguaggio, per così dire, tutto metafisico, simile e coerente all’abito del profondo sapere » del Nostro, su cui sarebbe pesata la « fatalità d’aver voluto unire e abbracciare tutto lo scibile in pochi fogli », raggiungendo, invece, l’effetto che « le sue altissime divine meditazioni » fossero « anzi abbandonate che gustate dai dotti ». Codeste iperboli, ancora più sensibili in un tempo nel quale, mentre la grandezza del Vico cominciava appena a trovare qualche riconoscimento (v. sopra pp. 251-53), si calcava ancora la mano sulle sue pecche, ferirono un dotto domenicano friulano, ossia il padre Bonifacio (al secolo Germano Federico) Finetti da Gradisca (1705-82), per molti anni insegnante di teologia dommatica e polemica, nonché revisore di libri e consultore del Sant’Ufficio. Lo ferirono, anzi, in misura tanto maggiore in quanto allora appunto egli attendeva, in senso rigorosamente cattolico, a un nuovo trattato di diritto naturale, ch’è come dire a fare per davvero ciò che nella Scienza nuova il Vico s’era vantato d’avere fatto, ma facendo in realtà l’opposto, giacché il nuovo sistema di diritto naturale (e non di diritto naturale soltanto) costruito dal Nostro appare, a chi vi ficchi ben lo viso a fondo (come ve lo ficcò il Finetti), antitetico alla concezione filosofico-storica adottata dal cattolicesimo. Pertanto il domenicano friulano nel dare alla luce quel suo trattato sotto il nome d’un suo fratello laico chiamato Gianfrancesco e col titolo De principiis iuris naturalis et gentium adversus Hobbesium, Pufendorfium, Thomasium, Volfium et alios (Venezia, 1764, ma effettivamente non prima del gennaio 1765, data della dedica