Bibliografia Vichiana I
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DUNI ■ FINETTI
non oppose per allora reazione di sorta. Bensì sette anni dopo, nel pubblicare non a Roma ma a Napoli la sua Scienza del costume, avvertì (p. 159) ma in modo affatto incidentale e senza fare il nome del suo avversario che la « stravaganza » delle illazioni di «un teologo » intorno all’ erramento ferino lo aveva indotto a leggere «su questo argomento i migliori interpreti, padri e dottori della Chiesa », non senza poi restare maravigliato « in pensando che il teologo si era azzardato, contro ogni regola di teologia, d’interpretare la storia sacra tutt’ all’ opposto di quanto ci hanno lasciato scritto tali interpreti approvati dalla Chiesa, i quali non solamente adottarono la tradizione dello stato ferino e barbaro d' alcuni antichissimi popoli gentileschi, anzi s’avvalsero semplicemente di tale tradizione come d’ uno dei validi argomenti per confutare il gentilesimo». Che, sia detto tra parentesi, è replica fiacca e capziosa : giacché quegl’ interpreti discorrevano soltanto di ciò che noi chiamiamo « barbarie », non anche della vera e propria ferinità o belluinità con la sua totale assenza così di linguaggio come di sentimento religioso asserita dal Vico, fonte del quale furono per questa parte non al certo le opere dei Santi Padri, ma l’ateistico quinto libro del lucreziano De rerum natura. Sia come si voglia, l’ Apologia del Finetti resta sempre, malgrado taluni eccessi polemici e una scarsa comprensione della molto complicata forma mentis del Vico, il migliore studio critico lavorato lungo tutto il secolo decimottavo intorno alla Scienza nuova. Basti dire che vi si scorge con molto acume e vi si dimostra con documentazione esauriente che porre Ferramento ferino quale punto di partenza del cammino percorso dall’ umanità verso il vivere civile significa spiegare quanto nell’ uomo è vita dello spirito linguaggio, religione, attività politica, poesia e via enumerando per interna dialettica, senza postulare l’intervento d’una potenza trascendente e, pertanto, restare fuori dal quadro della Bibbia e della storia sacra. Desiderabile, quindi, che di quel libriccino, divenuto rarissimo e noto agli studiosi soltanto attraverso una recensione molto particolareggiata, ma anch’ essa recondita, del Lami (v. sopra p. 246), un accenno fugace del Tommaseo e gli ampi ragguagli del Labanca, si facesse una ristampa, sia pure parziale, cioè sfrondata di quanto avesse mero interesse polemico contingente. E codesto desiderio è stato soddisfatto testé col volume ; « G. F.