Bibliografia Vichiana I

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DOTI - FINETTI

Emetti. Difesa dell'autorità della Sacra Scrittura contro Giambattista Vico, dissertazione del 1768, con introduzione [nota intorno al Finetti e appendice] di Benedetto Croce (Bari, Laterza, 1936). Senonché, prima ancora di questa col Finetti, il Duni aveva dovuto sostenere un’ altra battaglia letteraria, occasionata anch’essa dal Vico. Giova quindi riassumerne le vicende, ma dopo avere esibito qualche ragguaglio su due altre opere duniane ispirate alla Scienza nuova : VOrigine e progressi del cittadino e governo di Roma (Roma, 1763, appresso Francesco Bozzarrini Komarek, due volumi in ottavo) e La scienza del costume o sia sistema sul diritto universale, stampata, come s’è detto, in Napoli nel 1775, presso la stamperia Simoniana e dedicata al cardinale Lionardo Antonelli. Una curiosa prassi si riscontra in taluni vichiani italiani del secolo decimottavo nei riguardi del loro maestro e autore : prodigargli, sì, lodi tanto solenni quanto generiche ; ma, intanto, non citare l’opera sua precisamente là dove la si poneva più largamente a profitto, anzi sovente vantare quale scoperta propria ciò che, con qualche sviluppo o deformazione o contaminazione, era stato tolto di peso da quella. Ciò premesso, sta in fatto che, se di codesto trattare la Scienza nuova quasi res nullius si riscontrano esempi nel Genovese (v. sopra pp. 255-56) e in qualche modo nel Galiani (pp. 262-63), ed esempi molto più frequenti si possono additare poi negli scritti del Filangieri e del Pagano (cfr. quaggiù capitolo secondo, paragrafo 11. numeri 13 e 17), colui che nelle due opere ora mentovate cancellò quasi ogni discriminazione tra le res vicinane e le sue, esibendole quasi tutte come proprie, fu precisamente il Duni. A volergli credere, nessuno prima di lui avrebbe saputo scorgere che dalle origini alle leges Publiliae Roma s’era governata aristocraticamente. Nessuno : quando poi basta aprire, sin dalle Annotazioni alla Tavola cronologica, la seconda Scienza nuova (Opp., IV, capovv. 104-14) per toccare con mano quanto il Vico batta e ribatta sull’importanza di quella sua « discoverta » fondamentale, da cui asserisce scaturire (come scaturiscono in effetti) le innumeri altre compiute da lui nel campo della storia romana. E, salvo un maggiore sviluppo di particolari, nei rispetti dei quali non è nemmeno detto che il Duni non ponesse a profitto reminiscenze di in-