Bibliografia Vichiana I
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MONTESQUIEU
numero 9), ricorda che, a ragione e torto insieme, i napoletani preferivano il secondo al primo. Fervido ammiratore dell’uno e dell’altro, Vincenzo Cuoco non diè alcun peso all’accusa di plagio detta sopra. Già nel 1801 premesso che « chiunque aveva ripiena la sua mente delle idee di Machiavelli, di Gravina e di Vico non poteva né prestar fede alle promesse né applaudire alle operazioni dei rivoluzionari di Francia, tostoché abbandonarono le idee della monarchia », non soggiungeva altro se non che, « allo stesso modo, la scuola antica di Francia, quella, per esempio, di Montesquieu. non avrebbe applaudito mai alla rivoluzione », come scuola che « rassomigliava all’ italiana, perché amendue rassomigliavan molto alla greca e latina». Poco di poi (1804) osservava soltanto che « conobbe Vico e ne avea moltissima stima Montesquieu » : con le quali parole potè volere tanto riferire un dato di fatto giunto a lui per tradizione quanto manifestare un giudizio desunto dall’uso frequente che lo scrittore francese avrebbe fatto dell’opera dell’ italiano. E finalmente intorno al 1806 ebbe a dire che VEsprìt des lois sarebbe opera perfetta, se, tra l’altro, l'autore, nell’ indicare « le varie cagioni e i diversi effetti delle mutazioni e delle differenze delle leggi », non si fosse contentato di « ricercarle particolarmente », senza, al contrario del Vico, risalire « fino alla natura della mente umana ». Ben diverso dal Cuoco, il suo amico e compagno d’ esilio Francesco Lomonaco, attaccatosi a quell’accusa di plagio, procurò di trasferirla dal generico sul terreno delle citazioni singole e dei fatti concreti. Sul terreno delle citazioni singole, in quanto, al dire di lui, il Montesquieu non avrebbe fatto se non trapiantare nel suo orto alberi vichiani « quando ragiona della eccellenza del governo monarchico, della corruzione dei principi delle diverse società, del paradosso di Bayle sull’ateismo, del governo moderato più conveniente del dispotico alla religione cristiana, dell'origine del vassallaggio e della servitù, dei feudi o vassalli e de’ re de’ tempi eroici presso i greci, della legge del taglione e della schiavitù della gleba, in che modo le leggi religiose correggano gl’ inconvenienti della costituzione dello Stato, e che le leggi guardar debbano a’ costumi, alle maniere e alle abitudini de’ popoli governati ». E anche sul terreno dei fatti concreti, giacché al Lomonaco appunto risale il racconto che, mentre s’andava stampando in Venezia la divisata riedi-