Bibliografia Vichiana I

MONTESQUIEU

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la sua attenzione alle simiglianze e dissimiglianze intrinseche tra la Scienza nuova e VEsprit des lois : al quale proposito, più che l’ora citato passo del Cantò, che soccorre poco, giova avvalersi d’nn brano, molto importante, dei Frammenti, dubbi e pensieri relativi alla seconda parte della « Morale cattolica ». Non ostante i gravi difetti del suo Elogio di Giambattista Vico citato più oltre, Gennaro Rocco, pure ponendo in rilievo che, « tranne alcuni pochi, tutti gli scrittori, non esclusi quelli di Francia, si accordano nel dire che il Montesquieu lesse 1’ opera del Vico e se ne valse », non s’ attardò a intentare al primo uno sciocco processo di plagio. Per contrario, nel fare battere l’accento sulle differenze tra i due scrittori, addita, quale principalissima questa: che il Montesquieu, « dimenticando affatto I’ energia dell’ umano pensiero, mostrò 1’ uomo passivo in faccia alla natura fisica, riproducendo, colla sua falsa teorica dei climi » quella teoria satireggiata da Victor Hugo sforzò di spiegare il grandissimo numero degli effetti morali e civili de’ popoli », giungendo ad asserire « essere il clima che dia fissati limiti non solo alla religione di Maometto ma a quella eziandio di Cristo » ( Esprit des lois, XXIV, 26; XIV, 8), e che « avvi de’ luoghi ove la fisica ha tal forza che la morale non ve n’ ha quasi alcuna » (XVI, 8). Con che, per altro, il Rocco mostra d’ignorare o avere dimenticato che un’officacia, sia pure soltanto subordinata, del clima era stata asserita già dal Nostro (v. quaggiù p. 288). Al dire di Cesare Cantù, un raffronto tra il Vico e il Montesquieu non è nemmeno istituibile, dal momento che, a differenza del primo, il secondo « vagella nella cognizione di Roma primitiva e delle sue antichità, e i sette re sono per lui, come pel Machiavelli, personaggi delle corti e de’ gabinetti moderni ». In pari tempo, due anonimi, certamente napoletani, tornavano sull’argomento : l’uno, in talune Considera zioni generali sulla teoria del possesso... sopra Vico e Montesquieu (Napoli, Migliaccio, 1854); l’altro, nel recensire ampiamente codesto libro nello Spettatore napoletano. Un particolare capitolo a Vico et Montesquieu consacrava, tre anni dopo, Federico Sclopìs in certe Recherches historiques sur Montesquieu, non senza che vi si facesse a sostenere la mancanza di qualsiasi indizio che durante i suoi viaggi lo scrittore francese conoscesse le opere del filosofo italiano. Diversamente,