Bibliografia Vichiana I

296

TURGOT

Turgot sembra che il genere umano «a, comme chaque indi vidu, son enfance et ses progrès ». Anche pel Turgot il cosiddetto miracolo dalla confusione delle lingue ebbe l’effetto di disperdere gli uomini per l’universa terra e di far piombare quasi tutte le nazioni « dans la méme barbarie où nous voyons encore les américains indigènes ». Anche pel Turgot gli uomini primitivi, « dans Toubli des premières traditions, frappés des phénomènes sensiblcs, supposèrent que les effets indépendants de leur action étaient produits par des étres semblables à eux, mais invisibles et plus puissants », col risultato che « tous les objets de la nature eurent leurs dieux, qui, formés sur le modèle des hommes, en eurent les attributs et les vices ». Ma, accanto a codeste coincidenze, quante e quanto più sensibili le divergenze ! Invasato, per dire così, da quel concetto di progresso, a cui, come si vedrà meglio poi a proposito del Condorcet (capitolo secondo, paragrafo 111, numero 6), il Nostro diè scarso rilievo, il Turgot trova progredibili, e progredite in effetto, tutte le attività dello spirito, quelle teoretiche non meno di quelle pratiche : non solo, quindi, la filosofia, che effettivamente nella sua storia ha proceduto e procede ognora verso una perfezione sempre maggiore ; ma altresì la poesia, al cui corso storico, per contrario, il progresso è affatto estraneo. Per lui, quindi, la poesia dei tempi moderni è più perfetta di quella ellenica dell’ età di Pericle ; e questa, a sua volta, più perfetta della poesia dei tempi primitivi. Che anzi quest’ultima non sarebbe stata altro che « une suite de mots harbares asservis à la mesure d’un chant rustique et au pas d’une danse aussi grossière que la joie tumultueuse qu’ elle exprimait » ; e « suite » tanto più da condannare in quanto sarebbe stata contesta di « figures entassées », di « métaphores grossières, que la nécessité, plus ingénieuse que délicate, emploie. que le , goùt désavoue, doni les premières langues soni pleines et dont les étymologistes apenjoivent mème encore les vestiges dans les plus cultivées». Che, come ognuno vede, è proprio ciò che della poesia in genere, e di quella primitiva in modo particolare, si pensava, lungo il secolo decimottavo, nell’intellettualistica Francia, e proprio il contrario di ciò che ne pensava 1’ an [intellettualistico autore della Scienza nuova. V. Qiuvres de Turgot, edizione Eugène Daire et Hippolyte Dussard {Paris, Guillaumin, 1844), 11, specialmente pp. 598, 601, 602-608; e cfr.. Ira altri, Buchez, Introduction citata più appresso, pp. 81-88.