Bibliografia Vichiana I
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ROUSSEAU
est la famille » (p. 26) ; che « la famille est donc, si l’on veut, le premier modèle des sociétés politiques » (p. 27) ; che « les premières sociétés se gouvernèrent aristocratiquement » (p. 87) ; che « le corps politique, aussi bien que le corps de l’homme, comraence à mourir dès sa naissance, et porte en lui-méme les causes de sa destruction » (p. 107) : che « nous n’avons nul monument bien assuré des premierà temps de Rome » e che « il y a méme grandes apparences que la plupart des choses qu’on en débite sont des fables » (p. 128) ; che « les hommes n’ eurent point d’ abord d’ autres rois que les dieux, ni d’ autre gouvernement que le théocratique » (p. 146) ; ch’è ben facile confutare la pretesa del Bayle « que nulle religion n’est utile aux corps politiques » (p. 150), ecc. ecc. Tuttavia, di fronte a codeste e ad altre simiglianze, assai maggiori e importanti sono le, nonché soltanto dissimiglianze, antinomie inconciliabili. Anzitutto, antinomico alla Scienza nuova è, per se stesso, il concetto centrale del Contrai social. E poi, la guerra perenne tra uomo e uomo è nel Vico (come, del resto, già nello Hobbes) una delle prin cipali caratteristiche dello stato di natura, tanto che egli dice —da codeste guerre private, come mostra altresì la derivazione di « bellum » da duellum », trassero origine le guerre pubbliche tra nazione e nazione (Opp., IV, capovv. 959 sgg.) : laddove, secondo il Rousseau, « la guerre privée ou d’hornme à homme ne peut exister ni dans 1’ état de nature, où il n’y a point de propriété constante, ni dans 1’ était social, où tout est sous 1’ autorité des lois » (p. 82). Pel Vico il regime feudale, non peculiare al medioevo, ma comune a tutte le società barbariche di tutti i luoghi, ha esercitato, nella vita dell’ umanità, funzione altamente provvidenziale, in quanto da esso appunto l’umanità stessa, uscita di fresco dall’erramento ferino, è stata rattenuta dal tornarvi {Opp., IV, passim , specie capovv. 599 sgg.) : pel Rousseau, diverso in ciò dal Voltaire (v. sopra pp. 244-45) e simile piuttosto al Montesquieu, esso è un <• système absurde, s’il en fut jamais, contraire aux principes de droit nalurel et à toute bonne politie » {ibidem). Tra le leggi fondamentali del corso delle nazioni il Nostro pone la costante successione delle forme di governo, nel senso che agli originari governi teocratici o divini si sono sostituiti gradatamente, presso tutti i popoli, quelli aristocratici o eroici, ai quali sono sottentrati sempre quelli umani, ossia prima le democrazie, poi le monarchie {Opp., IV, passim, specialmente capovv. 925-27) : ch’è proprio il contrario di quanto asserisce il Rousseau, il quale, dimentico d’avere posto teocrazie e aristocrazie agl’inizi della vita sociale, non solo stabilisce la progressione < monarchia - democrazia - aristocrazia », ma torce nel modo più cavilloso la storia romana per mostrare che anche nell’ Urbe la successione delle forme di governo fu questa (pp. 104 sgg.). Dal principio della favolosità della storia tradizionale dei primi secoli di Roma il Nostro trae una lunga serie di corollari, e, tra gli altri, questo (confermato dagli studi moderni) : che, con l’attribuire a Servio Tullio il censo che si conosce col suo nome, si anticipò all’epoca regia un complesso di riforme attuatesi soltanto in quella repubblicana {Opp., IV, capovv. 619 sgg.) : ch’è una volta ancora il contrario di quanto asserisce il Rousseau, il quale, dimentico anche ora di avere affermato, egli altresì, la medesima favolosità, ripete punto per punto ciò che la storiografia tradizionale narra dei sette re e segnatamente del cosiddetto censo serviano (pp. 130-39). Et sic de caeleris.