Bibliografia Vichiana I
ROUSSEAU - HELVETIUS
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Resta assodato, dunque, che, per lo meno sino al 1762, i! Rousseau non conobbe punto la Scienza nuova : con che, naturalmente, cade l’ipotesi, formolata anni addietro da chi scrive nell’articolo Vico e Rousseau citato più oltre, che lo scrittore ginevrino potesse avere notizia dell’opera vichiana a Venezia nel tempo in cui fu colà segretario dell’ambasciatore francese Montaigu (1743-44). Incerto è, invece, se le dottrine vichiane continuassero a restargli ignote anche negli anni corsi da! 1762 al 1770, lungo i quali, per opera principalmente dell’abate Galiani, si parlò molto di esse, con o senza il nome del loro autore, nei maggiori circoli letterari parigini (v. sopra pp. 262-63). Incerto, giacché il Rousseau può essersi ispirato così alla Scienza nuova come all’Essai sur les hiéroglyphes del Warburton (v. sopra pp. 236-39) quando, nell’jEssai sur Vorigine des langues (1770), ove ritorna con ben altra preparazione su quel problema, fa suoi, e talora coi medesimi sviluppi e con le medesime esemplificazioni, tutti i capisaldi della linguistica vichiana : la priorità delle lingue mute su quelle articolate, dei geroglifici sulla scrittura alfabetica, della poesia sulla prosa, del linguaggio figurato su quello proprio, e via enumerando; senza dire che vicheggiante è altresì il giudizio sulla poesia omerica dato nel sesto capitolo del medesimo scritto. A codesto riguardo, senza diffondersi sui raffronti correlativi, pei quali basta rimandare al mentovato studio di chi scrive su Vico e Rousseau, giova piuttosto aggiungere che anche al Rousseau, come, del resto, a chiunque, nel suo secolo, ripetesse o ripensasse, specie in lingua francese, concetti vichiani, accadde di renderli più chiari bensì, ma molto meno profondi, e segnatamente di privarli di quell’ intima coesione, con la quale il Vico scrittore antididascalico quanto si voglia, ma sistematico per eccellenza —■ aveva saputo comporli a sistema. 6. Helvétius. Confesso di non comprendere come mai tra i cosiddetti plagiari del Vico (v. sopra p. 283) si sia potuto includere anche l’Helvétius (1715-71). Ho innanzi le sue QSuvres complètes nell’ edizione pubblicata nel 1818 a Parigi presso la vedova Lepetit. Ma, per quanto io abbia scorso il trattato De Vesprit (1759) e segnatamente l’altro De Vhommepubblicato postumo nel 1772, ma elaborato tra il 1760 e il 1770, cioè negli anni in cui, attraverso le quasi quotidiane conversazioni col suo amicissimo Galiani, anche 1’ Helvétius avrebbe potuto subire, almeno mediatamente, Pefficacia del No-