I Tonini storici di Rimini

che giacque male accetta e non fruttuosa all’autore... Metta in pace l’ingenuo il suo buon cuore; e pensi che, se c’era lui, le cose andavan lo stesso: eccelsi uomini non intesi o rimeritati abbastanza sono in tutte le età, e v’è, in compenso, chi gode per loro; di questi fa giustizia ii tempo , a quelli non sempre la rende. Anche ai dì nostri, tra tanto favore e fervore di coltura, spesso i libri, sian pur belli e buoni, ove qual che curiosità non li preceda, ove molto clamore non li accompagni, a stento escono e più stentano usciti. Tra noi il fare un libro è la minor fatica, scriveva allora il Tonini; noi diremo, non è tutta qui la fatica. Ma, ripeto, nessuno scalpore di cosa che egli stesso accennò sobriamente e portò con dignità. E qualche dilìicoltà alle sue pubblicazioni veniva anche da lui, deliberato com’era a non cercare fuori editori, sì perché gli piaceva invigilare all’opera dei tipografi, e sì perche al sentimento suo di riminese, tanto in lui vivo dovunque la critica o il culto della verità non lo vietasse, ripugnava che la storia di Rimini altrove che in Rimini fosse edita, come se la città a sé medesima non bastasse. E fu in somma per questo, che, non trovando allora nella cittadinanza chi ne possedesse l’arte, si fece esso all’occasione incisore, e come aveva disegnato 1’ effigie del Bianchi suo predecessore bibliotecario, e inciso la pianta e il prospetto dell’Anfiteatro, così preparò i rami necessari alla sua storia ; in virtù senza dubbio di naturali attitudini ma ancor più perché a lui, come scrisse Carlo,

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