La critica e l'arte di Leonardo da Vinci

174 PARTE SECONDA

mostruosi, che sono posti assieme. Ma è altrettanto oggettivamente astratto ciascun elemento, quanto il criterio della loro giustaposizione. E appunto perchè astratti, i particolari e l’insieme non hanno vita, non rispondono nemmeno a un gioco di fantasia, bensì a una fredda ragione che vuol riuscire soltanto a un calcolo matematico di possibilità. Infatti riesce a dimostrare le eventuali conseguenze d’ipotetiche malattie; non può invece, e forse non vuole, giungere all'arte.

Nè dobbiamo maravigliarci. Il disegno, è noto, costituisce per Leonardo una necessità giornaliera della mente, la quale si dirige ora all’arte ora alla scienza: naturale quindi che il disegno s’indirizzi all'una e all’altra delle necessità mentali di lu.

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Ciò che Leonardo suggerisce quando disegna, attua quando dipinge : aria, luce, moto. È un compito che da secoli si chiede al colore, e Leonardo non ha colore. Trovò a Firenze un colore vivace, atto a rendere preziosa una superficie solida. Lo rifiutò, perchè non si curava della superficie solida. Troppo il suo occhio vagava per i larghi orizzonti delle valli distese, interrotie da colline, limitate da montagne. Che cosa poteva significare una superficie solida per una visione lontana di larghi orizzonti ? Era bene adatta a definire un corpo umano veduto vicino. Ma l’occhio di Leonardo voleva vedere lontana anche la figura umana. Da vicino ogni cosa sembra sia ferma; l’oscillamento perenne dell’atmosfera rende leggera, come librata a volo, ogni cosa lontana. E la pace della sera, quando la penombra avvolge gli animi e le cose, dà all'orizzonte una vibrazione lenta ininterrotta. Penombra, atmosfera, moto fisico di ogni molecola dell’universo, vibrazione spirituale sperduta nel sogno, incertezza lontana di masse che si penetrano a vicenda : tutto egli

converse nella figura umana.

terrore a

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